Nel mese di marzo 2022 è stata approvata dal Parlamento la Legge federale sulla lotta contro l’abuso del fallimento, la cui finalità è quella di stringere diverse maglie presenti nell’ordinamento attuale, le quali permettevano ai debitori di sottrarsi ai propri obblighi finanziari a scapito dei creditori.
Cosa cambierà dunque dal 1. gennaio 2025? Ecco le principali novità:
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Venerdì 10 novembre è stata annunciata in via ufficiale dalle rispettive Autorità l’intesa raggiunta circa la soglia di tolleranza del telelavoro per i frontalieri, la quale a partire dal 01.01.2024 sarà pari al 25% del tempo di lavoro, calcolato su base annua.
Nella sostanza ciò significa che da inizio anno prossimo tutti i frontalieri (senza distinzioni di categoria) avranno il diritto di prestare il loro servizio in modalità “smart” dall’Italia per un impegno massimo pari al 25% del tempo di lavoro senza rischiare ripercussioni (per loro stessi e poi per il datore di lavoro svizzero) sia sul piano fiscale (IRPEF) che quello delle assicurazioni sociali.
Tale accordo amichevole sarà valido per due anni, dunque sino al 31.12.2025 ed in parallelo è previsto che entro tale data verrà siglato un Protocollo di modifica all’Accordo sulla tassazione dei lavoratori frontalieri entrato in vigore lo scorso mese di luglio, sancendo dunque tale soluzione anche per il periodo a seguire.
L’intesa raggiunta con l’Italia non si è rivelata così generosa come quella raggiunta con la Francia (soglia di tolleranza: 40%), ma pone quantomeno fine ad uno stato d’incertezza.
Un’ultima nota riguarda la situazione attualmente vigente e dunque sino al 31.12.2023: per il periodo 01.07 – 31.12.2023 è permesso al frontaliere di esercitare la propria attività da casa, rispettivamente dall’Italia (smart working) sino al 24.99% del tempo di lavoro senza impatti (dunque né di tipo fiscale né previdenziale). Unicamente per i frontalieri il cui contratto di lavoro ha avuto decorrenza successiva al 31.03.2022 è consigliabile non effettuare giornate intere di telelavoro, in quanto l’assenza di rientro quotidiano (in ragione del mancato spostamento in Svizzera) potrebbe far scattare l’obbligo di assolvimento degli oneri fiscali (IRPEF).
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Con il 01.01.2024 entreranno in vigore le nuove aliquote IVA. L’aliquota normale passerà infatti dall’attuale 7.7% all’8.1%, mentre l’aliquota ridotta passerà dal 2.5% al 2.6% mentre infine l’aliquota speciale sulle prestazioni nel settore alberghiero passerà dal 3.7% al 3.8%.
Nella fase di transizione occorre pertanto prestare attenzione al periodo temporale di riferimento per ciascuna prestazione che viene dichiarata nei rendiconti IVA: il principio è che le prestazioni eseguite fino al 31.12.2023 continueranno ad essere imponibili alle vecchie aliquota d’imposta, mentre le prestazioni eseguite a partire dal 01.01.2024 saranno imponibili alle nuove aliquote d’imposta.
Quanto precede significa che nel 2024 si dovrà continuare ad applicare la vecchia aliquota per la fatturazione di prestazioni eseguite sino al 31.12.2023 ed al contrario, già nel 2023 occorrerà fatturare con la nuova aliquota prestazioni che verranno eseguite solo a partire dal 01.01.2024.
La modifica toccherà anche i regimi delle aliquote a saldo (incluso l’innalzamento del limite di cifra d’affari per la relativa applicazione) così come quelle forfettarie.
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Al seguito dell’approvazione del disegno di legge da parte del Consiglio dei Ministri italiano, avvenuta lo scorso 24 novembre 2022 e dunque il passaggio dell’incarto al Parlamento italiano per la ratifica finale si sono aperte speculazioni ed interpretazioni circa la più prossima entrata in vigore del nuovo accordo.
Premesso dunque che la ratifica da parte del Parlamento italiano è attesa in corso di 2023, giova ricordare che l’art. 9 par. 1 del nuovo accordo stabilisce come rimarranno imponibili soltanto in Svizzera i lavoratori frontalieri che “alla data dell’entrata in vigore solgono oppure che tra il 31 dicembre 2018 e la data dell’entrata in vigore hanno svolto un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera in Svizzera per un datore di lavoro ivi residente, una stabile organizzazione o una base fissa svizzere“.
Se dunque da un lato tale paragrafo fa nascere la definizione di “vecchio frontaliere”, ovvero del frontaliere che per “diritto acquisito” continuerà a fruire dei vantaggi del vecchio regime, occorre chinarsi sullo statuto di “nuovo frontaliere” e rispettivamente del momento in cui entrerà effettivamente in funzione.
Ebbene, considerato come -sempre secondo il testo del nuovo accordo- gli effetti si esplicheranno con il primo gennaio dell’anno successivo a quello della ratifica, le conclusioni non possono che essere le seguenti:
1- sarà considerato “nuovo frontaliere” il lavoratore dipendente che inizierà la propria attività lavorativa in Svizzera (per la prima volta, ovvero non avendovi già lavorato precedentemente e meglio dopo il 31 dicembre 2018) il giorno seguente quello di ratifica dell’accordo da parte del Parlamento italiano;
2- per il periodo che intercorre tra tale giorno ed il 31.12.2023 la fiscalità sulla remunerazione percepita dal lavoratore seguirà i dettami dell’attuale accordo, mentre dal 01.01.2024 sottostarà invece ai principi del nuovo accordo.
Il prossimo 1. Gennaio 2023 entrerà in vigore il pacchetto normativo che costituisce la terza importante revisione del diritto societario, dopo quelle intervenute nel 1936 e nel 1992, rispettivamente dopo un processo legislativo durato 20 anni.
Al netto delle importanti novità portate da tale riforma, quali: la possibilità di stabilire il capitale azionario in una valuta che non sia solo il Franco Svizzero (ad ora dunque: EUR, USD, YEN, GBP), di tenere i conti in tale moneta estera, la possibilità di distribuire dividendi intermedi, l’introduzione di un nuovo istituto di aumento risp. diminuzione di capitale (il cosiddetto “margine di variazione del capitale” o “Kapitalband”), la maggior flessibilità data per lo svolgimento di Assemblee e CdA mediante l’uso di nuove tecnologie, con il presente scritto ci si vuole concentrare su di un aspetto particolare che coinvolge ed amplifica la responsabilità per il Consiglio d’Amministrazione.
I nuovi obblighi di sorveglianza e di reazione in caso di rischio d’insolvenza
Il nuovo articolo 725 CO introduce in effetti un nuovo onere per il Consiglio d’Amministrazione, ovvero quello di “sorveglia[re] la solvibilità della società” (cfr. art. 725 cpv. 1 CO).
Per comprendere appieno la portata futura di questo nuovo obbligo diviene a nostro avviso indispensabile analizzare le modifiche che si sono susseguite nel corso del processo legislativo.
In effetti sia l’avamprogetto che poi il progetto di legge contenevano una formulazione diversa, incentrata sull’obbligo degli organi societari ad agire allorquando vi fosse “fondato timore” (“begründete Besorgnis”) d’incapacità a far fronte (sistematicamente e dunque non già episodicamente) ai propri impegni entro un lasso di tempo che fra avamprogetto e progetto si è raccorciato a 6 mesi, dai 12 di partenza, per le società esenti da revisione ordinaria.
Nell’attuale formulazione il concetto di fondato timore è stato sostituito dal generico obbligo di sorveglianza, che non possiamo interpretare se non come obbligo permanente e dunque non solo derivante da un fondato timore.
Nel corso del processo legislativo non è stato stralciato solo il concetto di “fondato timore”, bensì anche il conseguente obbligo di allestire un piano della liquidità, strumento che sia nell’avamprogetto che poi nel progetto era indicato a chiare lettere ed inteso quale corollario al “piano finanziario”, che si voleva introdurre quale strumento obbligatorio per qualsiasi azienda e non solo per le “grandi imprese” (cfr. art. 716a cpv. 1 num. 3 Avamprogetto).
Quello che appar dunque essere un “silenzio qualificato” della legge circa gli strumenti da utilizzarsi per assolvere all’obbligo di sorveglianza, diviene al contrario assordante e ancora più palese prendendo atto degli ulteriori oneri a carico del CdA menzionati al capoverso 2 dell’art. 725 CO:
“Se vi è il rischio che la società diventi insolvente, il consiglio d’amministrazione adotta provvedimenti che garantiscano la solvibilità. Nella misura del necessario, adotta altri provvedimenti di risanamento della società o ne propone l’adozione all’assemblea generale qualora siano di competenza di quest’ultima. Se necessario, presenta una domanda di moratoria concordataria.”
Ebbene, quale altro strumento se non un piano di liquidità può permettere di prendere coscienza dell’esistenza di un rischio d’insolvenza? In effetti la presa coscienza di un rischio presuppone che gli effetti del medesimo non si siano già manifestati. E poi, come sarebbe possibile adottare “provvedimenti che garantiscano la solvibilità” con la dovuta efficacia senza un piano di liquidità?
Particolarmente rilevante ai fini della comprensione della ratio e dunque della portata del nuovo art. 725 CO è il seguente commento inserito a pagina 138 del Rapporto esplicativo concernente la modifica del Codice delle obbligazioni (diritto della società anonima) rassegnato con l’avamprogetto di legge:
“L’articolo 725 diviene prioritario rispetto alle regole concernenti la perdita di capitale e l’eccedenza dei debiti e costituisce il fulcro del nuovo diritto in materia di risanamento nel CO”.
In effetti il tenore di tale commento, espresso agli inizi del processo legislativo, non è stato per nulla modificato dagli apparenti sfoltimenti che l’art. 725 CO ha subito nel lungo iter che ha dato la luce alla versione finale che entrerà in vigore il 01.01.2023. Se da un lato è evidente che l’insolvenza può toccare società perfettamente capitalizzate, dall’altro è palese che l’insolvenza spesso è il primo indicatore di problemi ben più strutturali, ove la volontà del legislatore è evidentemente quello di anticipare i tempi di reazione da parte del CdA.
Ciò appare evidente dalla permanenza in tutte le fasi di evoluzione dell’art. 725 CO dell’obbligo residuale: ovvero quello di presentare una domanda di moratoria concordataria qualora le misure adottate in proprio dal CdA non abbiano sortito gli effetti desiderati e con esse nemmeno quelle di risanamento proposte all’Assemblea. Il tutto entro i termini di “dovuta sollecitudine” imposti al CdA al capoverso 3 dell’Art. 725 CO. L’accesso all’istituto della moratoria concordataria viene dunque nettamente anticipato rispetto a quanto consentito dal diritto vigente.
Da segnalare vi è anche un altro ed ultimo elemento stralciato nel processo legislativo, questa volta già nel passaggio da avamprogetto a progetto: si tratta del coinvolgimento di un revisore qualificato, che si voleva fosse chiamato per legge ad esprimere un giudizio sul piano di liquidità redatto dal CdA qualora tale piano avesse espresso l’insussistenza del rischio d’insolvenza. È pacifico che un tale fardello avrebbe avuto quale contraltare positivo uno scarico di responsabilità per il CdA grazie proprio alla convalida del revisore sul lavoro svolto. Con la formulazione di legge che entrerà in vigore il 01.01.2023, invece, tutta la responsabilità viene scaricata unicamente sulle spalle del CdA, a tutto guadagno di flessibilità e indipendenza, ma senza più ripari e accompagnato dal dovere di “dovuta sollecitudine”.
In conclusione, a nostro avviso rientra appieno in un concetto di gestione prudente, ribadito anche dalla ad oggi scarna dottrina reperibile sul tema, appoggiarsi come linea guida ai contenuti del Progetto di legge, dotandosi dunque di un Piano di Liquidità almeno su 6 mesi per società non soggette a revisione ordinaria (ove per società ivi soggette sussiste obbligo giusta l’art. 961 CO), nonché al suo costante monitoraggio e aggiornamento.
L’Accordo amichevole COVID-19 siglato nel giugno 2020 fra Svizzera e Italia sul tema smart working, ovvero il (tele)lavoro dal domicilio del lavoratore frontaliere verrà a cadere con la fine del mese di gennaio 2023.
Il mancato rinnovo di tale accordo porterà con se delle conseguenze di cui occorre tenere conto e che sono state confermate in un recentissimo interpello da parte dell’Agenzia delle Entrate (n. 171/2023), il quale ha confermato la posizione italiana, ovvero quella secondo la quale anche solo 1 solo giorno di telelavoro svolto dopo il 1. Febbraio 2023 farà decadere i benefici di cui all’art. 15 CDI: il lavoratore frontaliere dovrà dunque dichiarare per intero i redditi conseguiti in Svizzera ed assoggettarsi interamente all’imposizione italiana.
Il concetto di lavoratore frontaliere presuppone dunque ed imperativamente che il lavoratore presti il lavoro in Svizzera, attraversando giornalmente la dogana. L’eventuale telelavoro eseguito in parte, ossia ad es. al mattino in presenza e al pomeriggio in smart working non esenta dai rischi e presta il fianco a possibili contestazioni.
Inoltre, intervenendo la disapplicazione del beneficio riservato ai frontalieri interverranno anche gli obblighi di monitoraggio fiscale per le attività finanziarie detenute all’estero, ovvero l’obbligo di compilazione del quadro RW nonché la decadenza del forfait di €7’500 di abbattimento del reddito annuo (€10’000 da quando il nuovo accordo sarà in vigore – presumibilmente dal 2024).
Resta infine da citare il potenziale rischio in capo al datore di lavoro svizzero, di vedersi attratta in Italia una stabile organizzazione personale, con tutte le conseguenze del caso.
Il recente incontro a Berna fra i rappresentanti dei due Paesi ha ridato slancio alle speculazioni circa l’entrata in vigore del nuovo testo dell’Accordo.
Il Protocollo già sottoscritto prevede infatti che l’entrata in vigore del nuovo testo e dunque del nuovo “regime” avrà effetto a partire dal primo gennaio dell’anno seguente quello del completamento dell’iter di approvazione formale da parte di entrambi i Paesi e nel caso specifico ciò che manca è l’approvazione da parte del Parlamento italiano.
Quanto sia verosimile che detta approvazione avverrà prima del 31.12.2022 rimane pertanto interamente nelle mani del Governo italiano e nelle proprie intenzioni e priorità. Qualora tale ratifica dovesse avvenire nel contesto dell’approvazione della Legge di Bilancio e dunque prima della fine del corrente anno, allora l’entrata in vigore del nuovo Accordo sui frontalieri sarà effettivamente con effetto al 01.01.2023.
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